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FORME DEL DOPPIO NEL TEATRO ANTICO

Dopo un primo giro d’orizzonte sulle coordinate teoriche del motivo del doppio e sulla produzione letteraria che ad esso fa riferimento, il progetto di ricerca ha preso in esame l’Elena di Euripide e l’Anfitrione di Plauto. Per quanto riguarda la tragedia greca, il tema del doppio trasforma radicalmente il profilo mitico di Elena, ereditato dalla tradizione letteraria, riducendolo ad un eidolon e contrapponendovi una nuova Elena, vissuta castamente in Egitto, alla corte prima di Proteo, poi del figlio degenere Teoclimeno. In tal modo entra in crisi, provocatoriamente, la ragione stessa di quella che rappresentava, nella comune sensibilità dei Greci, la madre di tutte le guerre, la guerra di Troia - nucleo fondante dell’identità greca - , combattuta per un mero fantasma, e al tempo stesso viene veicolato, sul piano ideologico, un messaggio di radicale pacifismo, evidentemente connesso alle vicende dell’ultima fase della guerra del Peloponneso. E più in generale, il doppio serve qui a configurare i termini della dicotomia aletheia e doxa, una dicotomia che si riflette drammaticamente nel dissidio interiore che lacera l’anima della protagonista della tragedia.Quanto alla commedia plautina, la categoria del doppio - che diventa un gustoso doppio al quadrato grazie alle coppie Sosia / Mercurio e Anfitrione / Giove - mette in scena la crisi di identità del servo Sosia, una volta giunto al cospetto del suo alter ego Mercurio. Nello scandaglio critico di questa dimensione, è possibile osservare, nella strutturazione artistica e psicologica del personaggio, la coesistenza di un duplice livello: il livello, che si potrebbe definire antropologico, di uno smarrimento esistenziale, di una tragicomica perdita di sé, ed il livello, di stampo più prettamente sociologico, che rinvia alle coordinate storiche dell’epoca e configura l’identità di sé come identità di status sociale, insomma come identità non già individuale e autonoma, bensì di appartenenza; significativo è, in proposito, quanto afferma Sosia al v. 399: “Certe edepol tu me alienabis numquam quin noster siem”, con l’uso, emblematico, del possessivo “noster”.

StrutturaDipartimento di Studi Umanistici/DIPSUM
Tipo di finanziamentoFondi dell'ateneo
FinanziatoriUniversità  degli Studi di SALERNO
Importo450,00 euro
Periodo11 Dicembre 2013 - 31 Gennaio 2016
Gruppo di RicercaTIRELLI Aldo (Coordinatore Progetto)