Roberto ROSAPEPE | CASS. S.U. 898/2018
Roberto ROSAPEPE CASS. S.U. 898/2018
Archivio selezionato: Sentenze Cassazione civile
Autorità: Cassazione civile sez. un.
Data: 16/01/2018
n. 898
Classificazioni: CONTRATTI DI BORSA - In genere
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
dott. RORDORF Renato - Primo Presidente f.f. -
dott. SCHIRO' Stefano - Presidente di Sezione -
dott. BIANCHINI Bruno - Consigliere -
dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - rel. Consigliere -
dott. ARMANO Uliana - Consigliere -
dott. MANNA Antonio - Consigliere -
dott. D'ASCOLA Pasquale - Consigliere -
dott. ACIERNO Maria - Consigliere -
dott. GIUSTI Alberto - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 18428/2013 proposto da:
BANCA POPOLARE DI SONDRIO SOC. COOP. PER AZIONI, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA PACUVIO 34, presso lo studio dell'avvocato LORENZO
ROMANELLI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati
BENITO PERRONE ed ANDREA PERRONE;
- ricorrente -
contro
C.E., R.E., elettivamente domiciliati in ROMA,
CORSO TRIESTE 87, presso lo studio dell'avvocato ARTURO ANTONUCCI,
che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato ROBERTO
VASSALLE;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 1276/2013 della CORTE D'APPELLO di MILANO,
depositata il 22/03/2013;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
21/11/2017 dal Consigliere dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale dott.
FUZIO Riccardo, che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo
del ricorso ed assorbiti gli altri;
uditi gli avvocati Andrea Perrone, Guido Baroni per delega
dell'avvocato Benito Perrone e Roberto Vassalle.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1.- Con sentenza del 30/1-22/3/2013, la Corte d'appello di Milano, in accoglimento
dell'impugnazione proposta da C.E. ed R.E. nei confronti della Banca Popolare di Sondrio s.c. a
r.l. ed in riforma della sentenza resa dal Tribunale di Milano n. 11542 del 15/729/9/2009, ha
dichiarato la nullità, per la mancanza di un valido contratto quadro, delle operazioni di
investimento effettuate il 18/11/1999 ed il 21/12/1999 tra le parti per l'acquisto di obbligazioni
"Argentina Eur 8,75% 1998/2003", ed ha conseguentemente condannato la Banca a restituire agli
appellanti la somma complessiva di Euro 70.124,25, oltre interessi legali dal 21/9/2007 al saldo,
nonchè la somma di Euro 12.172,07, ottenuta a titolo di spese in forza della sentenza impugnata,
oltre interessi legali dal 28/2/2010 al saldo; ha condannato gli appellanti a restituire alla Banca le
obbligazioni argentine di cui è causa ed ha posto le spese di ambedue i gradi del giudizio a carico
dell'appellata.
La Corte del merito, per quanto specificamente ancora interessa, premesso che il contratto quadro,
da redigersi in forma scritta a pena di nullità D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, ex art. 23, è elemento
essenziale per la validità di ogni operazione di investimento, che si pone come semplice negozio
esecutivo, ha rilevato che in causa risultava prodotto solo un modulo contrattuale, datato
25/1/1994, predisposto dalla Banca e sottoscritto dai clienti, privo di ogni manifestazione di
volontà negoziale della prima e della sottoscrizione del funzionario delegato, da ritenersi quale
semplice proposta, ancorchè corredata dalla dichiarazione prestampata "un esemplare del presente
contratto ci viene rilasciato debitamente sottoscritto dai soggetti abilitati a rappresentarVi", a
valere quale dichiarazione unilaterale ricognitiva dei soli clienti, inidonea a dar vita al contratto a
forma scritta obbligatoria o anche solo a provarne la stipulazione.
Nè il contratto poteva ritenersi concluso per adesione con la sola sottoscrizione del cliente o in
forza del successivo ordine del cliente o delle successive comunicazioni della Banca, prive di
valenza negoziale, nè ne era possibile la sanatoria, così come erano irrilevanti le manifestazioni di
volontà desumibili da comportamenti attuativi.
Nè la banca si sarebbe potuta avvalere dell'orientamento secondo il quale la produzione in giudizio
del contratto da parte di chi non l'ha sottoscritto determina il sorgere del contratto valido, che
avrebbe richiesto la produzione non solo della parte del cliente, ma anche di quella della Banca, e
che comunque, intervenendo successivamente all'operazione di cui è causa, ne avrebbe confermato
la nullità.
La Corte d'appello ha disatteso l'interpretazione del Tribunale, secondo cui la forma scritta vale a
tutelare solo l'investitore, mentre analoghe ragioni di tutela non potrebbero ravvisarsi nella Banca,
per cui l'investitore, che ha firmato, non avrebbe interesse a sollevare l'eccezione, rilevando che la
ratio della certezza e ponderazione, sottesa alla forma scritta a pena di nullità, è riscontrabile anche
nel contratto di negoziazione di strumenti finanziari; che questo non è un mero documento
destinato ad informare il cliente delle condizioni che la banca intende utilizzare nei successivi
acquisti, ma costituisce un vero accordo inteso a costituire e regolare tra le parti rapporti di
carattere patrimoniale; che anche per la banca, la sola sottoscrizione del cliente è insufficiente a
creare un valido titolo contrattuale.
Secondo il Giudice del merito, è ben possibile che il cliente, eccependo la nullità del contratto
quadro, possa chiedere la nullità solo di alcune operazioni, essendo la sanzione di nullità
specificamente prevista dalla legge, e rispondente a finalità di interesse generale, la regolarità dei
mercati e la stabilità del sistema finanziario, da cui la facoltà legittima di agire in relazione ai
singoli ordini, aventi autonoma valenza di negozi esecutivi del contratto quadro, e lo stesso
carattere relativo della nullità esclude che l'investitore possa essere tenuto a dolersi anche di
operazioni eseguite in buona fede e produttive di utili, difettando di interesse e anzi, ove questi
dovesse scegliere tra agire per la nullità dell'intero rapporto o subire la violazione
dell'intermediario, verrebbe meno lo stesso carattere protettivo della nullità.
La Corte territoriale ha respinto la richiesta della Banca di restituzione degli importi delle cedole
maturate sui titoli, da ritenersi "frutti civili" dell'investimento, che, in difetto di prova contraria,
devono ritenersi ottenuti in buona fede dall'investitore.
La Banca Popolare di Sondrio ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, a cui si
sono opposti con controricorso C.E. ed R.E..
Il P.G. ha depositato le conclusioni scritte, ex art. 380 bis c.p.c., comma 1, chiedendo la
declaratoria di inammissibilità e in subordine, il rigetto del ricorso.
Le parti hanno depositato le memorie ex art. 380 bis c.p.c., comma 1.
Con ordinanza del 17/5/2017, la I sezione civile ha rimesso la causa al primo presidente per
l'eventuale assegnazione alle sezioni unite, in relazione alla questione di massima di particolare
importanza ex art. 374 c.p.c., comma 2, che si pone in relazione al secondo motivo di ricorso, ove
respinto il primo, già oggetto di precedente ordinanza di rimessione, per avere il giudice del merito
disatteso la rilevanza dell'exceptio doli sollevata per paralizzare l'uso "selettivo" della nullità, ex
art. 18 Eurosim, e per non avere quindi "valutato la contrarietà a buona fede della pretesa di far
valere il difetto di forma del contratto quadro, per porre nel nulla non tutte ma solo alcune delle
operazioni compiute".
Il primo presidente ha disposto l'assegnazione del ricorso alle sezioni unite.
In prossimità della pubblica udienza, ambedue le parti hanno depositato le memorie illustrative, ex
art. 378 c.p.c..
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
2. Col primo motivo di ricorso, la Banca denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 1
del 1991, art. 6, comma 1, lett. c), sostenendo che la previsione dell'art. 1350 c.c., è intesa a
favorire la ponderazione dei contraenti e la certezza del rapporto contrattuale, mentre la ratio della
L. n. 1 del 1991, art. 6, comma 1, lett. c), è nel senso di assicurare la trasmissione al contraente
debole (il cliente) delle condizioni contrattuali, così colmando le asimmetrie informative tra le
parti; la forma scritta funge da veicolo del contenuto del contratto, e pertanto l'unica sottoscrizione
rilevante è quella del cliente, come confermato dall'obbligo di consegnare a questi la copia del
contratto, dal tenore letterale della norma, dal fatto che solo il cliente può far valere la nullità, dal
riscontro comparatistico con la disciplina tedesca del credito al consumo, dalla pronuncia di
legittimità del 22/3/2012, n. 4564.
Alla stregua di detti rilievi, secondo la ricorrente, deve ritenersi un fuor d'opera il riferimento della
Corte territoriale alla ratio della certezza e della ponderazione, visto che il contratto - quadro è un
mero accordo normativo e non comporta alcun trasferimento patrimoniale, e, a ritenere prevalente
la finalità della ponderazione, sarebbe ben difficile giustificare la libertà di forma dei singoli ordini
di investimento.
Col secondo motivo, logicamente subordinato al primo, la ricorrente lamenta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., e L. n. 1 del 1991, art. 6, comma 1, lett. c), e art. 1418
c.c., comma 1, per avere la Corte di merito escluso la rilevanza dell'exceptio doli sollevata dalla
Banca per paralizzare l'uso selettivo della nullità, mentre tale eccezione ha natura di rimedio di
carattere generale, e l'ordinamento vigente conferma come il principio di buona fede oggettiva
possa impedire l'esercizio di un diritto pur astrattamente previsto da una norma.
Secondo la ricorrente, si tratta di verificare l'utilizzo di un rimedio in modo "scindibile", così da
conseguirne i benefici, senza sopportarne gli svantaggi.
Col terzo mezzo, in subordine, la Banca denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt.
820,1148,1418,1458 e 2033 c.c., per avere la Corte del merito rigettato la richiesta di restituzione
delle cedole, qualificate come frutto civile dell'investimento, ottenute, in difetto di prova contraria,
in buona fede dall'investitore.
La ricorrente obietta che la Corte territoriale sul punto ha applicato i principi di cui all'art. 1148
c.c., (ed anche dell'art. 2033 c.c.) ad una fattispecie del tutto diversa da quella presupposta, dato
che detta norma è applicabile solo nel giudizio di rivendica e non nel caso sia esercitata azione
personale e che la nullità del contratto d'acquisto tra cliente ed intermediario produce gli stessi
effetti che deriverebbero dal venir meno del contratto di mutuo sottostante: da una parte, la
restituzione del capitale versato e dall'altra, la restituzione dei titoli e del corrispettivo ricevuto(le
cedole).
3. Prima di esaminare la questione di diritto posta col primo motivo, vanno valutate le eccezioni
pregiudiziali sollevate dai controricorrenti, di carenza di potere rappresentativo processuale e
sostanziale dei conferenti la procura, dott. N.L. quale "Direttore centrale" e dott. D.G.S. quale
"procuratore", nonchè l'impossibilità di verificare, sulla base della copia notificata del ricorso, se
la procura sia stata rilasciata e da chi, prima della notifica del ricorso, e di improcedibilità ex art.
366 c.p.c., n. 6, stante la mancanza della specifica elencazione degli atti e dei documenti su cui è
basato il ricorso.
Dette eccezioni sono da ritenersi infondate.
Ed infatti, la Banca ha depositato e notificato alla controparte, ex art. 372 c.p.c., le delibere del
Consiglio di amministrazione di nomina dei sigg. N. e D.G. quali rispettivamente "Direttore
centrale principale" e "Procuratore" e di conferimento a dette figure del potere di rappresentanza in
giudizio e di nomina allo scopo di avvocati e procuratori; quanto alla mancata sottoscrizione dei
conferenti la procura nella copia notificata del ricorso, va richiamato il principio espresso nella
pronuncia 21/11/2000, n. 14999 (e conformi le successive sentenze del 15/5/2001, n.6679 e del
31/3/2006, n. 7611), secondo cui l'art. 125, comma 1, cod. proc. civ., che prescrive la
sottoscrizione delle parti sia nell'originale che nella copia degli atti, non si riferisce alla procura
alle liti, la quale, apposta in calce o a margine, si incorpora nell'atto stesso ed è valida anche se
non è sottoscritta dalla parte nella copia notificata (nella specie, la sottoscrizione di uno dei
ricorrenti figurava sull'originale ma non sulla copia notificata dell'atto, che pur indicava quel
soggetto tra i ricorrenti).
È altresì infondata l'eccezione di improcedibilità ex art. 366 c.p.c., n. 6, atteso che nel primo
motivo è chiaro il riferimento al documento "denominato "contratto di negoziazione",
sottoscrizione, collocamento e raccolta di ordini concernenti valori mobiliari", sub doc.8, fascicolo
di primo grado, ed è incontestato, nonchè ampiamente menzionato dalla sentenza impugnata, che
in detto documento manchi la sottoscrizione dell'intermediario, di talchè non incide nella specie la
mancata specifica indicazione nella nota finale; gli altri due motivi di ricorso sono di puro diritto e
non richiedono l'esame di atti o documenti.
Passando all'esame del merito, va rilevato che nella specie, dato che la domanda spiegata dai sigg.
C. e R. è intesa a far valere la nullità di due operazioni di investimento del 18/11/1999 e del
21/12/1999, con le relative conseguenze, per la addotta mancanza di un valido contratto-quadro,
occorre vagliare detto profilo avuto riguardo alla disciplina applicabile alla data delle operazioni di
investimento, il che vuol dire che, pur risalendo al 25/1/1994 la scrittura a cui le parti hanno fatto
riferimento, ed essendo applicabile a detta data ratione temporis, la L. 2 gennaio 1991, n. 1, il cui
art. 6, è stato abrogato dal D.Lgs. 23 luglio 1996, n. 415, e l'intera legge è stata abrogata dal
D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 214, comma 1, lett. aa), è alla successiva disciplina di cui al
D.Lgs. n. 58 del 1998, ed al regolamento Consob n.11522 del 1998 che occorre avere riguardo,
proprio perchè rileva il collegamento tra le operazioni del 1999 ed il contratto-quadro, la cui
regolamentazione è mutata nel tempo.
Ai sensi del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, nella formulazione applicabile nella specie, e per la
parte che qui rileva "1. I contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento e accessori
sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. La Consob, sentita la Banca d'Italia,
può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni tecniche o in relazione alla natura
professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra
forma. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo.
2.È nulla ogni pattuizione...
3.Nei casi previsti dai commi 1 e 2, la nullità può essere fatta valere solo dal cliente...".
Detto disposto normativo pone la questione, specifico oggetto di rimessione da parte della I
sezione civile con l'ordinanza del 27/4/2017, n. 10447, "se il requisito della forma scritta del
contratto di investimento esiga, oltre alla sottoscrizione dell'investitore, anche la sottoscrizione ad
substantiam dell'intermediario".
Ai fini della compiuta valutazione del profilo che qui specificamente interessa, va ricordato che il
modulo contrattuale, su cui si è sviluppato il contenzioso tra le parti, porta la sola sottoscrizione
dei clienti, e vi è contenuta la dichiarazione prestampata che: " un esemplare del presente contratto
ci viene rilasciato debitamente sottoscritto per accettazione dai soggetti abilitati a rappresentarvi".
Il contratto-quadro, già previsto dalla L. 2 gennaio 1991, n. 1, art. 6, nonchè dal successivo D.Lgs.
23 luglio 1996, n. 415, art. 18, così qualificato in quanto destinato a costituire la regolamentazione
dei servizi alla cui prestazione si obbliga l'intermediario verso il cliente, è stato ritenuto nella
giurisprudenza di legittimità accostabile per alcuni aspetti al mandato, derivandone obblighi e
diritti reciproci dell'intermediario e del cliente, e le successive operazioni sono state considerate
quali momenti attuativi dello stesso(così le pronunce Sez. U. 19/12/2007, nn. 26724 e 26725).
Per costante giurisprudenza, il D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, laddove parla di forma scritta a pena
di nullità, si riferisce ai contratti-quadro e non ai singoli servizi di investimento o disinvestimento,
la cui validità non è soggetta a requisiti formali, salvo la diversa previsione convenzionale nel
contratto-quadro (in tal senso, si richiamano le pronunce del 9/8/2017, n. 19759; del 2/8/2016, n.
16053; del 29/2/2016, n. 3950, del 13/1/2012, n. 384 e del 22/12/2011, n. 28432).
Ne consegue che la questione della nullità per difetto di forma scritta nell'intermediazione
finanziaria riguarda, salvo eccezioni del regolamento negoziale, unicamente il contratto-quadro,
che è alla base delle singole operazioni concluse nel tempo.
Per la nullità del contratto- quadro qualora sia prodotto, come nella specie, un modulo sottoscritto
solo dall'investitore, si è pronunciata ripetutamente la sezione semplice, con le recenti pronunce
del 24/2/2016, n. 3623; del 24/3/2016, n. 5919; dell'11/4/2016, n. 7068; del 27/4/2016, nn. 8395 e
8396; del 19/5/2016, n. 10331 (da ultimo, la decisione del 3/1/2017, n. 36 si è espressa in senso
conforme in relazione all'analoga disposizione di cui al D.Lgs. 24 settembre 1993, n. 385, art.
117).
In particolare, nell'ampia e complessa motivazione, la sentenza 5919/2016, premesso che ben si
sarebbe potuto provare il contratto in forma scritta anche in presenza di sottoscrizioni delle parti
contenute in documenti distinti, purchè risultante il collegamento inscindibile tra gli stessi, così da
evidenziare inequivocabilmente la formazione dell'accordo, ha applicato il principio di carattere
generale, secondo cui se è prevista la forma scritta ad substantiam, il contratto deve essere provato
a mezzo della produzione in giudizio; si è poi concentrata sulla possibilità, negata, di desumere la
conclusione del contratto dalla dichiarazione sottoscritta dalla cliente di avere ricevuto copia del
contratto sottoscritta dal soggetto abilitato a rappresentare la banca; ha di seguito ritenuto preclusa
la prova testimoniale, non ricorrendo il caso della perdita incolpevole ex art. 2724 c.c., n. 3, quella
per presunzioni ex art. 2729 c.c., ed a mezzo del giuramento ex art. 2739 c.c.; ha escluso infine
che potesse invocarsi nella specie il principio secondo il quale la produzione in giudizio della
scrittura da parte del contraente che non l'ha sottoscritta realizza un equivalente della
sottoscrizione, dato che si sarebbe in tal modo potuto ritenere perfezionato il contratto, ma solo
con effetti "ex nunc" e non "ex tunc".
Su detto ultimo profilo, vale la pena di segnalare la difforme pronuncia del 22/3/2012, n. 4564,
che, in relazione al contratto di conto corrente bancario, disciplinato dall'analoga normativa D.Lgs.
n. 385 del 1993, ex artt. 117 e 127, ha escluso la nullità per difetto di forma, rilevando che il
contratto aveva avuto pacifica esecuzione, visti gli ordini di investimento e la comunicazione degli
estratti conto, e richiamando il principio secondo il quale la produzione in giudizio del contratto
realizza un valido equivalente della sottoscrizione mancante, purchè la parte che ha sottoscritto
non abbia in precedenza revocato il proprio consenso ovvero sia deceduta.
A detto precedente si è rifatta l'ordinanza del 7/9/2015, n. 17740, per ritenere valida la clausola
compromissoria prevista nel contratto di intermediazione finanziaria.
Dette due pronunce sono sostanzialmente isolate, tanto che la questione che qui specificamente
interessa è stata correttamente portata all'attenzione delle sezioni unite come di massima di
particolare importanza ex art. 374 c.p.c., comma 2, e non per dirimere un contrasto tra le sezioni
semplici o all'interno della stessa sezione.
Tanto premesso, deve aversi in primis riguardo al profilo della nullità, come prevista dalla
normativa richiamata, ponendosi, solo ove debba concludersi per il vizio radicale, l'ulteriore
questione dell'equipollenza a mezzo della produzione in giudizio della scrittura.
A riguardo, pur non attribuendosi alla formulazione letterale della norma efficacia dirimente, va
evidenziato che nell'art. 23 t.u.f. si enfatizza la redazione per iscritto, e, per dato normativo
chiaramente espresso, si considerano sullo stesso piano detta redazione e la consegna di un
esemplare al cliente, che è l'unica parte che può far valere la nullità.
Si è quindi in presenza di un precetto normativo che in modo inequivoco prevede la redazione per
iscritto del contratto relativo alla prestazione dei servizi di investimento e la consegna della
scrittura al cliente, a cui solo si attribuisce la facoltà di far valere la nullità in caso di inosservanza
della forma prescritta.
Le previsioni in oggetto rendono ben chiara la ratio della norma.
La nullità per difetto di forma è posta nell'interesse del cliente, così come è a tutela di questi la
previsione della consegna del contratto, il cui contenuto, previsto di base dall'art. 30 del
regolamento Consob, siccome prevedente le modalità di svolgimento del rapporto, deve rimanere
a disposizione dell'investitore.
Si coglie quindi la chiara finalità della previsione della nullità, volta ad assicurare la piena
indicazione al cliente degli specifici servizi forniti, della durata e delle modalità di rinnovo del
contratto e di modifica dello stesso, delle modalità proprie con cui si svolgeranno le singole
operazioni, della periodicità, contenuti e documentazione da fornire in sede di rendicontazione, ed
altro come specificamente indicato, considerandosi che è l'investitore che abbisogna di conoscere
e di potere all'occorrenza verificare nel corso del rapporto il rispetto delle modalità di esecuzione e
le regole che riguardano la vigenza del contratto, che è proprio dello specifico settore del mercato
finanziario.
Va da sè che la finalità protettiva nei confronti dell'investitore si riverbera in via mediata sulla
regolarità e trasparenza del mercato del credito.
L'avere individuato la ragione giustificatrice della prescrizione normativa non vale peraltro a
risolvere di per sè la questione che qui interessa, ma sostanzialmente ad indirizzare
l'interpretazione dei profili che qui si pongono, e cioè il rapporto tra il perfezionamento del
contratto e la forma con cui questo si estrinseca, e tra il documento in forma scritta come
espressione della regolamentazione del rapporto e la sottoscrizione come riferibilità dell'atto.
Il vincolo di forma imposto dal legislatore (tra l'altro composito, in quanto vi rientra, per specifico
disposto normativa, anche la consegna del documento contrattuale), nell'ambito di quel che è stato
definito come neoformalismo o formalismo negoziale, va inteso infatti secondo quella che è la
funzione propria della norma e non automaticamente richiamando la disciplina generale sulla
nullità.
Ora, a fronte della specificità della normativa che qui interessa, correlata alla ragione
giustificatrice della stessa, è difficilmente sostenibile che la sottoscrizione da parte del delegato
della banca, volta che risulti provato l'accordo(avuto riguardo alla sottoscrizione dell'investitore, e,
da parte della banca, alla consegna del documento negoziale, alla raccolta della firma del cliente
ed all'esecuzione del contratto) e che vi sia stata la consegna della scrittura all'investitore, necessiti
ai fini della validità del contratto-quadro.
Ed infatti, atteso che, come osservato da attenta dottrina, il requisito della forma ex art. 1325 c.c.,
n. 4, va inteso nella specie non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalità
propria della normativa, ne consegue che il contratto-quadro deve essere redatto per iscritto, che
per il suo perfezionamento deve essere sottoscritto dall'investitore, e che a questi deve essere
consegnato un esemplare del contratto, potendo risultare il consenso della banca a mezzo dei
comportamenti concludenti sopra esemplificativamente indicati.
Si impone a questo punto un'ulteriore osservazione: tradizionalmente, alla sottoscrizione del
contratto si attribuiscono due funzioni, l'una rilevante sul piano della formazione del consenso
delle parti, l'altra su quello dell'attribuibilità della scrittura, e l'art. 2702 c.c., rende chiaro come la
sottoscrizione, quale elemento strutturale dell'atto, valga ad attestare la manifestazione per iscritto
della volontà della parte e la riferibilità del contenuto dell'atto a chi l'ha sottoscritto.
Tale duplice funzione è nell'impianto codicistico raccordata alla normativa di cui agli artt. 1350 e
1418 c.c., che pone la forma scritta sul piano della struttura, quale elemento costitutivo del
contratto, e non prettamente sul piano della funzione; la specificità della disciplina che qui
interessa, intesa nel suo complesso e nella sua finalità, consente proprio di scindere i due profili,
del documento, come formalizzazione e certezza della regola contrattuale, e dell'accordo,
rimanendo assorbito l'elemento strutturale della sottoscrizione di quella parte, l'intermediario, che,
reso certo il raggiungimento dello scopo normativo con la sottoscrizione del cliente sul modulo
contrattuale predisposto dall'intermediario e la consegna dell'esemplare della scrittura in oggetto,
non verrebbe a svolgere alcuna specifica funzione.
Nè l'interpretazione qui seguita incide sulla doverosa, specifica ponderazione con cui l'investitore
sceglie di concludere il contratto-quadro nè porta a concludere per un singolare contratto "a forma
scritta obbligatoria per una sola delle parti e con effetti obbligatori solo per l'altra parte che nulla
ha invece sottoscritto", scenario che non tiene conto della precipua ricostruzione imposta dalla
normativa e che omette integralmente di considerare che la nullità può essere fatta valere solo
dall'investitore.
Nella ricostruzione che qui si è offerta, inoltre, la previsione della nullità, azionabile solo dal
cliente, in caso di inosservanza dei requisiti di forma della redazione per iscritto e della consegna
dell'esemplare alla parte, si palesa quale sanzione per l'intermediario, ben armonizzandosi nello
stesso contesto del D.Lgs. n. 58 del 1998, che è nel complesso inteso a dettare regole di
comportamento per l'intermediario, e rispetta il principio di proporzionalità, della cui tenuta si
potrebbe dubitare ove si accedesse alla diversa interpretazione(e sulla rilevanza cardine del
principio di proporzionalità queste sezioni unite si sono di recente espresse, sia pure nell'ambito
della responsabilità civile, ai fini del riconoscimento di sentenza straniera comminatoria di danni
punitivi nella pronuncia del 5/7/2017, n. 16601).
È stato sostenuto da autorevole dottrina che la normativa in oggetto sarebbe intesa non solo alla
tutela del cliente, ma risponderebbe anche all'esigenza di garantire una buona organizzazione
interna della banca, da ciò conseguendo la nullità del contratto-quadro ove privo della
sottoscrizione del delegato dell'istituto di credito: tale ricostruzione, pur muovendo dall'esigenza di
modificare in melius prassi organizzative non del tutto commendevoli, oltre a non trovare un
solido fondamento nella normativa che qui si esamina, sembrando una sorta di giustificazione a
posteriori della nullità, si muove in un'ottica esasperatamente sanzionatoria, e perviene ad un
risultato manifestamente sproporzionato rispetto alla funzione a cui la forma è qui preordinata.
A riguardo, ragionando in termini più generali, può affermarsi che nella ricerca
dell'interpretazione preferibile, siccome rispondente al complesso equilibrio tra interessi
contrapposti, ove venga istituita dal legislatore una nullità relativa, come tale intesa a proteggere in
via diretta ed immediata non un interesse generale, ma anzitutto l'interesse particolare, l'interprete
deve essere attento a circoscrivere l'ambito della tutela privilegiata nei limiti in cui viene davvero
coinvolto l'interesse protetto dalla nullità, determinandosi altrimenti conseguenze distorte o anche
opportunistiche.
L'interpretazione seguita è altresì in linea con le disposizioni dell'ordinamento Europeo, che
nell'art. 19, par. 7 della direttiva 2004/39/CE del Parlamento e del Consiglio del 21/4/2004 (Mifid
1), recepita dal d.lgs. 17/9/2007, n.164, così come nell'art. 25, par. 5 della direttiva 2014/65/UE
(Mifid 2), a cui è stata data attuazione con il D.Lgs. 3 agosto 2017, n. 129, al fine di perseguire gli
obiettivi di trasparenza e di tutela degli investitori, punta l'accento sulla registrazione del o dei
documenti concordati, in tal modo evidenziandosi la necessità che risulti la verificabilità di quanto
concordato.
Nè la conclusione muterebbe a ritenere ancora in vigore l'art.39 della direttiva 2006/73/CE del
10/8/2006, con il riferimento all' accordo di base "scritto, su carta o su altro supporto durevole,
con il cliente, in cui vengano fissati i diritti e gli obblighi essenziali dell'impresa e del cliente".
Conclusivamente, va affermato il seguente principio di diritto:
"Il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di investimento, disposto
dal D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 23, è rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne
venga consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell'investitore, non
necessitando la sottoscrizione anche dell'intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla
stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti".
3.2. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono conseguentemente assorbiti.
4.1. Conclusivamente, accolto il primo motivo di ricorso, assorbiti gli ulteriori mezzi, va cassata la
pronuncia impugnata, con rinvio alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione, che si
atterrà al principio di diritto sopra indicato e che provvederà anche alla statuizione sulle spese del
presente giudizio.
PQM
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e
rinvia alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione, anche per le spese del presente
giudizio.
Così deciso in Roma, il 21 novembre 2017.
Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2018
Utente: ROBERTO ROSAPEPE
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