Claudio AZZARA | Dispensa Federico II, di T. Indelli
Claudio AZZARA Dispensa Federico II, di T. Indelli
Tommaso Indelli
Federico II di Svevia.
Guglielmo II (1166-1189), ultimo esponente della dinastia normanna degli Altavilla, morì il 18 novembre del 1189 senza discendenza e, secondo le sue disposizioni, la corona di Sicilia andò alla zia Costanza, figlia di Ruggero II (1105-1154). Nel 1186 Costanza aveva sposato Enrico VI di Hohenstaufen, figlio dell’imperatore Federico I Barbarossa. Il regno di Sicilia, in virtù di quelle nozze, passò ad Enrico che nel 1190, dopo la morte del Barbarossa durante la terza crociata, divenne anche duca di Svevia e re di Germania. A contrastare i piani dello svevo si formò nel Mezzogiorno una fazione antitedesca guidata dal nipote di Costanza, Tancredi d’Altavilla, appoggiato dal papa Clemente III (1187-1191). Il pontefice era consapevole che se Enrico VI avesse cinto la corona del regno di Sicilia, l’unione con l’Impero avrebbe prodotto un vero e proprio accerchiamento dello stato pontificio, restringendo i margini di manovra del papa. Nel 1191 Enrico VI, a Roma, si fece incoronare imperatore dal nuovo papa Celestino III (1191-1198) e poi penetrò nel regno di Sicilia. L’invasione fu respinta grazie alla resistenza di Napoli e delle altre città campane, ma nel 1194 Enrico tentò di nuovo l’impresa che ebbe successo. Morto Tancredi d’Altavilla, Enrico si fece incoronare re di Sicilia dall’arcivescovo di Palermo la notte di Natale del 1194. Il 26 dicembre del 1194, a Iesi, nelle Marche, Costanza d’Altavilla dava alla luce l’erede svevo Federico Ruggero. Nel 1196 Enrico ritornò in Germania per riorganizzare i domini tedeschi e chiedere nuovi tributi ai principi, mentre Costanza fu lasciata in Sicilia con funzioni vicarie. La grandezza dei suoi domini obbligava il sovrano germanico a spostarsi continuamente per far fronte a problemi di gestione non indifferenti, determinati anche dal fatto che si trattava di territori diversi per tradizioni amministrative, strutture politiche, lingua e cultura. L’imperatore, dopo aver ottenuto dai principi tedeschi l’incoronazione del figlio Federico a “re dei Romani”, cioè candidato alla corona imperiale, ritornò in Sicilia, dove era stata scoperta una congiura organizzata dalla nobiltà normanna. Nel 1197, dopo aver stroncato la ribellione dei baroni, Enrico VI morì lasciando la corona al figlio Federico, sotto la reggenza della madre. Nel 1198, morta anche Costanza, la reggenza del regno di Sicilia passò al papa Innocenzo III (1198-1216) che la mantenne fino al 1208, quando Federico fu dichiarato maggiorenne. Si aprì, allora, una lunga fase di conflitti tra Innocenzo III - tutore di Federico - e alcuni ufficiali di origine germanica che, giunti nel regno di Sicilia al tempo di Enrico VI, intendevano sottrarre il giovane alla tutela del papa. Essi, almeno formalmente, agivano su mandato dello zio paterno di Federico, Filippo di Hohenstaufen, e tra essi va ricordata la figura di Marcovaldo di Annweiler, marchese d’Ancona. Non si possono comprendere gli avvenimenti del Mezzogiorno, se non si guarda alle vicende del regno tedesco, dilaniato dalla guerra tra diversi pretendenti alla corona. Morto Enrico VI, alcuni principi scelsero come re suo fratello Filippo di Svevia, mentre altri preferirono Ottone IV, duca di Brunswick, sostenuto anche dal papa. Dopo la morte di Filippo, nel 1208, Ottone rimase l’unico re e nel 1209 fu anche incoronato imperatore da Innocenzo III. Il papa, tuttavia, l’anno successivo lo scomunicò dopo che aveva tentato di impadronirsi del regno di Sicilia. Innocenzo III nel 1208 dichiarò Federico maggiorenne e l’anno dopo ne favorì le nozze con Costanza d’Aragona. Poiché Ottone di Brunswick era stato scomunicato, il papa individuò in Federico il nuovo candidato alla corona germanica, così nel 1211 Federico partì per la Germania, promettendo al papa che non avrebbe mai cumulato la corona dell’Impero con quella di Sicilia e che avrebbe rinunciato a quest’ultima. Ottone IV si oppose a Federico con la forza e si alleò con il re d’Inghilterra Giovanni Senzaterra (1199-1216), ma il 27 luglio del 1214, a Bouvines, fu battuto dall’esercito dello svevo che aveva ottenuto l’aiuto del re di Francia Filippo II Augusto (1180-1223). Il 25 luglio del 1215 Federico fu incoronato re di Germania nel duomo di Aquisgrana. Qualche anno più tardi, dopo aver richiamato dalla Sicilia il figlio Enrico e averlo fatto incoronare re dei Romani, Federico ritornò in Italia per cingere la corona imperiale. L’incoronazione avvenne nella basilica di S. Pietro il 22 novembre del 1220 e il papa, Onorio III (1216-1227), accettò che Federico cumulasse le corone di Sicilia e dell’Impero, in cambio dell’impegno a partire al più presto per la crociata. Nonostante la promessa, l’imperatore non si allontanò dall’Italia fino al 1227 perché impegnato ad affrontare alcune rivolte dei nobili e una pericolosa insurrezione dei sudditi di fede musulmana in Sicilia. Intanto lo svevo consolidava il suo potere anche da un punto di vista amministrativo, fondò nel 1224 l’università di Napoli – specializzata negli studi giuridici - e coniò l’Augustale, una moneta d’oro di elevato potere d’acquisto, del peso di 5 grammi. Nel settembre del 1227, su insistenza del nuovo papa Gregorio IX (1227-1241), Federico partì per la crociata dal porto di Brindisi, ma a causa dello scoppio improvviso di una pestilenza tra le truppe, fu costretto a rientrare e il papa lo scomunicò. Incurante della scomunica, Federico partì lo stesso l’anno successivo e nel 1229, con un trattato, ottenne dal sultano d’Egitto la restituzione di Gerusalemme, Nazareth, Betlemme per un periodo di dieci anni. Sbarcato a Brindisi nel 1229, Federico cominciò subito una nuova guerra contro le armate pontificie che nel frattempo avevano occupato buona parte del regno di Sicilia. Nel luglio del 1230, a San Germano, fu possibile raggiungere un accordo col papa. In cambio della concessione di maggiore libertà alla chiesa del regno, il pontefice revocò la scomunica e Federico riottenne la corona. Gli anni successivi non furono particolarmente tranquilli per l’imperatore. Nel 1234, Federico fu costretto a recarsi in Germania perché il primogenito Enrico si era ribellato, alleandosi con i comuni italiani. Nel 1235, deposto Enrico – che morirà suicida nel 1242 - Federico fece eleggere re di Germania l’altro figlio, Corrado IV. Pacificata la Germania, nel novembre del 1237 l’imperatore ritornò in Italia, dove i comuni avevano costituito la seconda Lega lombarda, e li sconfisse a Cortenuova. L’imperatore non accettò la proposta d’arbitrato del papa nella lotta contro i comuni, fu scomunicato di nuovo e cominciò una nuova guerra col Papato. Il conflitto fu combattuto non solo con le armi, ma anche con gli strumenti della propaganda politica. La pamphlettistica dell’epoca interpretò lo scontro tra Papato e Impero con tinte apocalittiche, dipingendo l’imperatore come l’Anticristo o un eretico. In realtà Federico non fu né eretico, né scismatico, ma contrastò l’ingerenza del Papato negli affari temporali, poiché riteneva la sua autorità uguale a quella della Chiesa. Inoltre, l’ortodossia dell’imperatore è testimoniata dalle disposizioni legislative da lui promulgate che, per la prima volta, stabilivano la pena del rogo per gli eretici. Dopo la morte di Gregorio IX, avvenuta nel 1241, dopo circa due anni di vacanza pontificia, nel 1243 il conclave elesse un nuovo papa, Innocenzo IV (1243-1254). Non disposto ad accordarsi con l’imperatore, il pontefice fuggì da Roma e riparò a Lione dove, nel 1245, nel corso di un concilio ecumenico, scomunicò Federico e sciolse i sudditi dal vincolo di obbedienza. In Germania, il papa appoggiò l’elezione dell’anti-re Enrico Raspe - langravio di Turingia - contro Federico, mentre si aggravava lo scontro coi comuni italiani. L’esercito imperiale fu battuto dai Bolognesi a Parma, nel 1248, e a Fossalta, nel 1249. Nel 1246 fu scoperta una congiura contro l’imperatore fomentata dal pontefice, Federico reagì con durezza e i traditori furono puniti. Tra questi è da ricordare Pier della Vigna - logoteta e protonotaro del regno - che, incarcerato in S. Miniato, si suicidò nel 1249. Amareggiato e deluso, Federico si ritirò a Castelfiorentino, in Puglia, dove morì il 13 dicembre 1250. Con la sua morte, si concludeva la parabola umana dello Stupor mundi, di una personalità indubbiamente straordinaria, come anche i suoi contemporanei ebbero modo di riconoscere. Federico II cumulò poteri enormi e dovette gestire realtà politiche e territoriali molto differenti, adottando strategie diverse a seconda dei contesti. Nel regno di Sicilia seguì la politica di accentramento dei suoi predecessori normanni e promulgò nel 1231 le Costituzioni di Melfi, mentre in Germania assecondò le tendenze autonomistiche dei principi, concedendo loro pieni poteri di governo e ridimensionando il potere del sovrano. Federico II fu anche uomo di cultura e autore di un trattato di falconeria, il “De arte venandi cum avibus”. Fu anche promotore di quel movimento poetico noto come “Scuola siciliana” che, anticipando il Dolce stil novo e la lirica toscana, rappresentò nella storia della letteratura italiana la prima forma elaborata e raffinata di poesia in volgare.
Per approfondire:
- Houben, Federico II. Imperatore, uomo, mito, Il Mulino, Bologna, 2009.
- Stürner, Federico II e l’apogeo dell’impero, Salerno Editrice, Roma 2009.
- Tramontana, Il Mezzogiorno Medievale. Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi nei secoli XI-XV, Carocci, Roma 2000.