Testi, in traduzione, tratti da fonti di epoca medievale, a cura di Tommaso Indelli

Claudio AZZARA Testi, in traduzione, tratti da fonti di epoca medievale, a cura di Tommaso Indelli

Tommaso Indelli.

Fonti medievali. Estratti in italiano.

  1. I) Editto di Tessalonica del 380 d. C., promulgato dall’imperatore Teodosio I.

“..Gli imperatori Graziano, Valentiniano e Teodosio […] al popolo della città di Costantinopoli. Vogliamo che tutti i popoli a noi soggetti seguano la religione che il divino apostolo Pietro ha insegnato ai Romani e che da quel tempo colà continua e che ora insegnano il pontefice Damaso e Pietro, vescovo di Alessandria, cioè che, secondo la disciplina apostolica e la dottrina evangelica, si creda nell’unica divinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo in tre persone uguali. Chi segue questa norma sarà chiamato cristiano cattolico, gli altri invece saranno stolti eretici, né le loro riunioni potranno essere considerate come vere chiese; essi incorreranno nei castighi divini ed anche in quelle punizioni che noi riterremo di infliggere loro..”.

  1. II) Alcuni capitoli tratti dalla Prammatica sanzione, costituzione dell’imperatore Giustiniano I, promulgata nel 553 d. C.

Capitolo II. Che le donazioni fatte da Totila siano tutte annullate. Qualora si abbia notizia di qualcosa che è stato decretato o donato dal tiranno Totila ad un Romano, o a chiunque altro, non concediamo assolutamente che ciò sia conservato e che rimanga in vigore (quegli atti); stabiliamo che i beni, tolti ai loro possessori, siano restituiti agli antichi padroni. Infatti tutto ciò che, di cui si ha notizia, che sia stato decretato o stabilito da quello, al tempo della sua tirannide, non concediamo che abbia più valore nei tempi del nostro legittimo governo.

Capitolo XVI. Dei servi o dei coloni detenuti da altri. Comandiamo che, inoltre, gli schiavi o i coloni che sono detenuti, senza titolo, da chiunque, vengano restituiti al proprietario, congiuntamente con i figli nati durante il tempo trascorso. Nell’anno, nel giorno e sotto il consolato di cui sopra.

III) Brani tratti dall’opera di Erchemperto – Historia Langobardorum Beneventanorum - monaco e storico longobardo del IX secolo, e relativi ad Arechi II e alla conquista franca dell’Italia.

“..Essendo quindi l’Italia stata conquistata e soggiogata da Carlo, questi vi pose come re suo figlio Pipino e insieme a quest’ultimo e a un innumerevole esercito si recò spesso a Benevento per conquistarla (…) Venuto a sapere che Carlo e Pipino stavano per attaccarlo, Arechi concesse la pace ai napoletani e distribuì i suoi redditi in Liburia e a Cimiterio agli abitanti di quelle zone, perché era opportuno essere uniti e perché temeva che i Franchi potessero entrare a Benevento grazie ai loro inganni..”.

“..Giunto quindi l’esercito gallico (nel 787) a Benevento (in realtà i franchi occuparono Capua), Arechi all’inizio resistette con fermezza con tutte le forze che aveva, ma alla fine, poiché i Franchi combatterono molto duramente e, come le locuste, distruggevano ogni cosa fino alle radici e poiché aveva più a cuore il benessere dei cittadini di Benevento che l’affetto dei suoi figli, consegnò in pegno al predetto Cesare (ovvero Carlo Magno) i suoi figli gemelli, Grimoaldo e Adelgisa, insieme a tutto il suo tesoro. Ottenuta la pace con Arechi tramite la promessa di un tributo, dopo innumerevoli preghiere, Carlo consegnò Adelgisa a suo padre e portò indietro con sé Grimoaldo ad Aquisgrana..”

  1. IV) Testo tratto dal Capitolare carolingio “De villis” della fine dell’VIII secolo, con cui Carlo Magno regolamentò lo sfruttamento delle villae, le aziende rustiche di pertinenza imperiale.

“..Vogliamo che nell'orto sia coltivata ogni possibile pianta, cioè: il giglio, le rose, il fieno greco, la balsamita, la salvia, la ruta, l'abrotano, i cetrioli, i meloni, le zucche, il fagiolo, il cumino, il rosmarino, il cumino dei prati, i ceci, la scilla, il gladiolo, il dragoncello, l'anice, i coloquintidi, la calendula, la visnaga, la sedanina, la lattuga, il cumino nero, la rughetta, il nasturzio, la bardana, la menta poleggio, il macerone, il prezzemolo, il sedano, il levistico, il ginepro, l'aneto, il finocchio, la cicoria, il dittamo, la senape, la santoreggia, il sisimbrio, la menta, il mentastro, il tanaceto, l'erba gattaia, la camomilla, il papavero, la barbabietola, il nardo selvatico, la malva muschiata, l'altea, la malva, le carote, le pastinache, il bietolone, gli amaranti, il cavolo-rapa, i cavoli, le cipolle, l'erba cipollina, i porri, il rafano, lo scalogno, la cipolla d'inverno, l'aglio, la robbia, i cardi, le fave, i piselli, il coriandolo, il cerfoglio, l'euforbia, l'erba moscatella. E l'ortolano faccia crescere sul tetto della sua abitazione la barba di Giove. Quanto agli alberi, vogliamo ci siano frutteti di vario genere: meli cotogni, noccioli, mandorli, gelsi, lauri, pini, fichi, noci, ciliegi di vari tipi. Nomi di mela: gozmaringa, geroldinga, crevedella, spiranca, dolci, acri, tutte quelle di lunga durata e quelle da consumare subito e le primaticce. Tre o quattro tipi di pere a lunga durata, quelle dolci, quelle da cuocere, le tardive..”

  1. V) Testo di un Giuramento vassallatico dell’VIII secolo, tratto da una fonte di epoca carolingia. È il primo esempio documentato di giuramento vassallatico. Il minorenne Tassilone, duca di Baviera, giura fedeltà (748) a Pipino, maggiordomo di palazzo di Childerico, il cui potere ormai è puramente nominale. Pipino aveva già sconfitto il predecessore di Tassilone cinque anni prima.

“..Il re Pipino tenne il suo placito a Compiègne con i Franchi. E là venne Tassilone, duca dei Bavari, il quale si accomandò in vassallaggio con le mani. Egli prestò molti e innumerevoli giuramenti, toccando con le mani le reliquie dei santi, e promise fedeltà a Re Pipino e ai sopraddetti suoi figli, signori Carlo e Carlomanno, come un vassallo deve fare secondo giustizia con mente leale e con salda devozione, come un vassallo deve essere con i suoi signori..”

  1. VI) Dictatus papae di Gregorio VII. Anno 1075. Testo integrale.
  2. Che la Chiesa Romana è stata fondata da Dio e da Dio solo.
  3. Che il Pontefice Romano è l'unico che può essere giustamente chiamato universale.
  4. Che lui solo può deporre o ripristinare i vescovi.
  5. Che in qualunque concilio i suoi legati, anche se minori in grado, hanno autorità superiore a quella dei vescovi, e possono emanare sentenza di deposizione contro di loro.
  6. Che il Papa può deporre gli assenti.
  7. Che, fra le altre cose, non si possa rimanere nella stessa casa con coloro che egli ha scomunicato.
  8. Che a lui solo è legittimo, secondo i bisogni del momento, fare nuove leggi, riunire nuove congregazioni, stabilire abbazie o canoniche; e, dall'altra parte, dividere le diocesi ricche e unire quelle povere.
  9. Che solo lui può usare le insegne imperiali.
  10. Che solo al Papa tutti i principi devono baciare i piedi.

10.Che solo il suo nome venga pronunciato nelle chiese.

11.Che questo sia il solo suo nome al mondo.

12.Che a lui è permesso di deporre gli imperatori.

13.Che a lui è permesso di trasferire i vescovi secondo necessità.

14.Che egli ha il potere di ordinare un sacerdote di qualunque chiesa voglia.

15.Che colui che egli ha ordinato può dirigere un'altra chiesa, ma non può mantenere posizioni inferiori; e che un tale non può ricevere gradi superiori da alcun altro vescovo.

16.Che nessun sinodo sia detto sinodo generale senza il suo ordine.

17.Che nessun capitolo e nessun libro sia considerato canonico senza la sua autorità.

18.Che una sentenza da lui emanata non possa essere ritirata da alcuno; e che soltanto lui, fra tutti, possa ritirarla.

19.Che egli non possa essere giudicato da alcuno.

20.Che nessuno osi condannare chi si appella alla Santa Sede.

21.Che a tale Sede vengano sottoposti i casi più importanti di ogni chiesa.

22.Che la Chiesa Romana non ha mai errato; né mai errerà per tutta l'eternità, secondo le Scritture.

  1. Che il Pontefice Romano, se è stato eletto canonicamente, è senza dubbio alcuno fatto santo dai meriti di san Pietro; secondo quanto detto da san Ennodio, vescovo di Pavia, e da molti santi padri che lo hanno sostenuto. Secondo quanto contenuto nei decreti di san Simmaco papa.

24.Che, per suo comando e col suo consenso, sia legale per un subordinato di presentare accuse.

25.Che egli possa deporre o ripristinare vescovi senza convocare un sinodo.

26.Che colui il quale non è in pace con la Chiesa Romana non sia considerato cattolico.

27.Che egli possa liberare i sudditi dall'obbligo di obbedienza a uomini malvagi.

VII) Alcuni capitoli della Pace di Costanza del 1183, siglata tra Federico I Barbarossa e i comuni italiani.

Capitolo I. Noi Federico, imperatore dei Romani, ed Enrico figlio nostro, re dei Romani, concediamo per sempre a voi città, luoghi e persone della Lega le regalie e le vostre consuetudini sia nella città, sia sul territorio extra urbano, ad esempio in Verona e nel suo castello e nel distretto suburbano, e nelle altre città, luoghi e persone della Lega. Ciò avverrà in modo che nella città voi possiate avere tutte queste cose come finora le avete possedute o le possedete; sul territorio extra-urbano eserciterete senza alcuna contraddizione tutte le consuetudini che da antica data avete esercitato o che esercitate, cioè sul fodro, sui boschi e sui pascoli, sui ponti, sulle acque e sui mulini, come da antica data siete stati soliti avere o avete, e poi sull'arruolamento degli uomini per formare l'esercito, sulla fortificazione delle mura cittadine, sulla giurisdizione sia nelle cause criminali sia in quelle pecuniarie, dentro e fuori la città, e su tutte le altre materie che riguardano l'interesse delle città.

Capitolo XXIX. Tutti coloro che sono soliti dare e che debbono fornire (quando sono soliti farlo e lo debbono fare) il consueto regio fodro a Noi, quando scendiamo in Lombardia, saranno tenuti a versarlo. Essi ripareranno le strade e i ponti in buona fede e senza frode, nonché in modo accettabile, sia nel viaggio di andata, sia in quello di ritorno. Forniranno a Noi e ai nostri seguaci, nell'andare e nel tornare, la possibilità di un sufficiente approvvigionamento di viveri e ciò in buona fede e senza alcuna frode.

VIII) Proemio delle Costituzioni di Melfi 1231, promulgate dall’imperatore Federico II di Svevia.

FEDERICO II IMPERATORE, RE SEMPRE AUGUSTO DEI ROMANI, D’ITALIA, DI SICILIA, DI GERUSALEMME, DI ARLES, FELICE VITTORIOSO TRIONFATORE.

Dio, dopo avere dato forma alla macchina del mondo e dopo avere ripartito le materie primordiali della natura nelle immagini reali delle cose secondo una scala gerarchica, previsto il da farsi decise con deliberazione meditata di mettere a capo delle altre creature, nel mondo sublunare, il più degno dei viventi, l’uomo, che aveva formato a sua immagine e somiglianza e creato inferiore soltanto agli angeli. Noi, che soltanto la destra della divina potenza ha innalzato, oltre ogni umana speranza, ai fastigi dell’Impero Romano e agli splendori degli altri regni, offrendo le nostre labbra per Gesù Cristo, che ci ha dato tutto quello che abbiamo. Noi, che vogliamo restituire raddoppiati al Dio vivente i tesori che ci ha prestato, venerando la giustizia e riordinando il diritto, disponiamo di assolvere alla nostra incombenza provvedendo anzitutto a nominare i nostri collaboratori che sanno di avere sempre bisogno della nostra attenta guida, in particolar modo per quel che riguarda la Giustizia. Poiché il Regno di Sicilia, che è eredità preziosa della nostra sovranità, è stato fino a ora senza pace ed esposto ai continui assalti degli usurpatori a causa della nostra giovane età e anche a causa della nostra lontananza dal Regno, stabiliamo che sia nostro dovere soccorrerlo con opera necessaria alla quiete e alla sua giustizia, dato che lo troviamo sempre disponibile e devoto, ossequiente alla nostra serenità, mentre si oppongono a noi soltanto pochi che non si sono mai dichiarati del nostro ovile.

DECRETIAMO CHE I SUDDITI DEL REGNO DI SICILIA SEGUANO QUESTE LEGGI EMANATE NEL NOSTRO NOME E ORDINIAMO CHE IN FUTURO SIANO DA TUTTI INVIOLABILMENTE OSSERVATE.

  1. IX) Brani tratti dal Malleus maleficarum, manuale sulla Stregoneria, ad uso degli inquisitori, pubblicato nel 1487. Nel testo, la stregoneria era definita “eresia” e, quindi, soggetta al giudizio dell’Inquisizione.

“…Non si può mettere in dubbio che ci siano tanti spiriti immondi quanti sono i desideri dell’uomo..”

“…Il loro volto è un vento che brucia e la loro voce è il sibilo di un serpente… Il loro cuore è una rete, cioè imperscrutabile è la malvagità che regna nel loro cuore e… una cosa insaziabile che non dice mai basta: la bocca della vulva per cui esse si agitano con i diavoli per soddisfare la loro libidine..”.

“..Siccome le donne sono difettose di tutte le forze tanto dell’anima quanto del corpo, non c’è da meravigliarsi se operano molte stregonerie contro gli uomini che esse vogliono emulare..”

  1. X) Testo sulla peste del XIV secolo, tratto dalla Historia de morbo seu mortalitate del cronista e notaio piacentino Gabriele de Mussis, testimone degli eventi.

«Ahimè! Le nostre navi entrano in porto, ma di mille marinai a malapena dieci sono stati risparmiati. Raggiungiamo le nostre case; i nostri parenti […] vengono da tutte le parti a farci visita. Maledetti noi che lanciamo su di loro i dardi della morte! […] Ritornando alle loro case, essi a loro volta contagiarono le loro intere famiglie, che nel giro di tre giorni morirono, e furono sepolti in un’unica fossa. Preti e medici venuti a far visita […] ammalati nello svolgimento del loro dovere, e subito […] morti. Oh morte! Crudele, amara, impietosa morte! […] Lamentando la nostra sofferenza, avevamo timore ad andarcene, e tuttavia non osavamo restare»