Dispensa La guerra del Vespro, di T. Indelli

Claudio AZZARA Dispensa La guerra del Vespro, di T. Indelli

Tommaso Indelli

La Guerra dei Vespri e il Mezzogiorno angioino e aragonese.

Secondo le ultime volontà di Federico II, il regno di Sicilia fu attribuito al figlio Corrado IV che, in quanto re di Germania, al momento della morte del padre non si trovava in Italia. La reggenza del regno fu assegnata a Manfredi, principe di Taranto e figlio naturale di Federico II. Le disposizioni imperiali non furono approvate da papa Innocenzo IV (1243-1254) che era il signore feudale del regno di Sicilia, detenuto dagli Svevi in qualità di vassalli del pontefice. Pertanto, quando Corrado nel 1252 scese nella penisola per rivendicare la corona, fu scomunicato e nel 1254 morì senza essersi riappacificato col papa. La corona di Sicilia sarebbe dovuta passare al figlio di Corrado IV, Corrado V – Corradino – ma Manfredi, dopo aver diffuso la falsa notizia della sua morte, nel 1258 si fece incoronare re. Anche Manfredi fu scomunicato, entrò in guerra col papa Alessandro IV (1254-1261) e iniziò a tessere alleanze contro il pontefice, estendendo la sua influenza all’intera penisola. Ad esempio, nelle città dell’Italia centrosettentrionale, il re di Sicilia favorì le fazioni ghibelline a danno di quelle guelfe e a Firenze, nel 1260, il governo guelfo fu rovesciato e sostituito da uno ghibellino, guidato da Farinata degli Uberti. Il raggio d’azione di Manfredi non era limitato alla penisola, ma era molto più vasto. Nel 1262 diede in sposa la figlia Costanza (†1302) a Pietro III, principe ereditario d’Aragona. Questa unione sarà gravida di conseguenze perché consentirà a Pietro, molti anni dopo, di rivendicare il possesso della Sicilia. Il papa, Clemente IV (1265-1268), invocò l’aiuto di Carlo d’Angiò, fratello del re di Francia Luigi IX il Santo. Nel 1266 Carlo giunse a Roma, fu incoronato re di Sicilia e, penetrato nel regno, sconfisse e uccise Manfredi a Benevento, dando origine alla nuova dinastia degli Angiò. Dopo qualche anno, Carlo fu costretto ad affrontare una nuova minaccia. Corradino di Svevia era sceso in Italia per rivendicare il trono paterno, sostenuto dai ghibellini, ma il 23 agosto del 1268, a Tagliacozzo, fu sconfitto da Carlo d’Angiò e fatto prigioniero. Condotto a Napoli, fu decapitato il 29 ottobre del 1268 nell’attuale Piazza del Mercato. Eliminato ogni pericolo esterno e animato da smodata ambizione, Carlo consolidò il suo potere, impose ai sudditi tributi onerosi e trasferì la capitale del regno da Palermo a Napoli. Iniziò, così, la storia del “regno di Napoli”, nuova denominazione della compagine politica angioina che soppiantò quella precedente - “regno di Sicilia” – ma divenne di uso comune solo nel XIV secolo. Al fiscalismo opprimente, Carlo aggiunse il rafforzamento dei poteri feudali del baronato, in buona parte composto dalle nuove stirpi signorili di origine provenzale e angioina, stabilitesi nel sud Italia dopo la conquista. L’Angioino concesse ai feudatari, in cambio della più assoluta fedeltà, il “mero e misto imperio” cioè pieni poteri di governo sui sudditi e creò le premesse per il rafforzamento del potere dell’aristocrazia. Inoltre, nel 1271 si proclamò re d’Albania e nel 1277 re di Gerusalemme. Il 30 marzo del 1282, a causa del malgoverno angioino, la Sicilia insorse contro gli Angiò con la rivolta dei Vespri e i baroni offrirono la corona al re d’Aragona Petro III (1276-1285), genero di Manfredi, che occupò l’isola. La guerra che ne seguì fu molto lunga e, morto Carlo I d’Angiò nel 1285, continuò sotto il figlio Carlo II (1285-1309), per concludersi con la pace di Caltabellotta. La pace, ratificata il 31 agosto del 1302, decise le sorti della Sicilia e l’attribuì agli Aragonesi, separandola dal regno di Napoli che restava in mano angioina. In Sicilia gli Aragonesi costituirono un regno autonomo – “regno di Trinacria” - retto da una stirpe cadetta che faceva capo al figlio di Pietro III, Federico III (1302-1337). Nel 1377, con la morte di Federico IV di Trinacria (1355-1377), questa linea dinastica si estinse, la Sicilia fu incorporata nei domini aragonesi e fu affidata al governo di un viceré. Nel 1295 l’Aragona aveva ottenuto dal papa anche il possesso della Sardegna che fu affidata al governo di un viceré. Morto Carlo II nel 1309, gli successe il figlio Roberto d’Angiò (1309-1343) che fu essenzialmente un “re di pace” e si occupò del rinnovamento edilizio di Napoli, patrocinando la costruzione del complesso religioso di S. Chiara – sede delle Clarisse - destinato a “mausoleo” della dinastia angioina. La corte di Napoli si trasformò in un importante cenacolo culturale con ospiti del calibro di Giotto (†1337) – che lavorò in S. Chiara - di Petrarca e Boccaccio. Nonostante l’interesse per la cultura, Roberto si preoccupò anche di consolidare la posizione del regno di Napoli nello scacchiere politico italiano, estendendo la sua influenza su molte città dell’Italia settentrionale di cui fu riconosciuto “signore”. Anche la guelfa Firenze accettò la signoria di Roberto che vi inviò, come suo rappresentante, il figlio Carlo, duca di Calabria. Inoltre, dal momento che il papa si era trasferito in Provenza, ad Avignone, Roberto fu designato vicario papale per Roma e per lo stato pontificio. Roberto morì nel 1343 e, dato che il primogenito Carlo era morto nel 1328, gli successe la nipote Giovanna I (1343-1382), con cui ebbe inizio una delle fasi più tragiche della storia del regno di Napoli. Nel 1345 Andrea d’Angiò, consorte della regina, fu assassinato nella reggia di Aversa. Andrea era fratello di Luigi I d’Angiò (1342-1382), re d’Ungheria, e il suo assassinio indusse Luigi ad occupare Napoli, costringendo Giovanna a fuggire in Provenza. In Francia Giovanna rimase fino al 1352, quando tornò a Napoli dopo il ritiro delle truppe ungheresi. Il regno della regina si concluse con il suo assassinio da parte del nipote, Carlo III d’Angiò-Durazzo (†1386). Infatti, quando Giovanna diseredò Carlo e designò erede Luigi I d’Angiò, fratello del re di Francia Carlo V (1364-1380), la reazione del nipote fu immediata. Nel 1381 Carlo occupò Napoli, imprigionò Giovanna e ne ordinò la reclusione nel castello di Muro Lucano dove, un anno dopo, la fece sopprimere. Anche Carlo III di Durazzo fu assassinato nel 1386 e il trono di Napoli passò al figlio Ladislao I (1386-1414) che dovette fronteggiare l’invasione del regno da parte di Luigi II d’Angiò, figlio dell’erede designato da Giovanna. Solo nel 1399 Ladislao poté entrare trionfalmente a Napoli, dove si spense nel 1414. Gli successe la sorella Giovanna II (1414-1435), il cui regno segnò la vera parabola conclusiva della lunga stagione del governo angioino. Priva di discendenza, nel 1421 Giovanna adottò e designò come erede il re d’Aragona Alfonso V il Magnanimo (1416-1458). Poco tempo dopo diseredò Alfonso e designò come nuovo erede Luigi III d’Angiò, figlio di Luigi II. Nel 1434 la regina cambiò nuovamente idea e, morto nel frattempo Luigi III, ne adottò il fratello Renato. L’anno successivo Giovanna morì e il regno sprofondò in una lunga guerra tra Alfonso V e Renato d’Angiò, conclusasi nel 1442 con l’ingresso trionfale a Napoli del sovrano aragonese. Inizialmente, la guerra di successione al trono di Napoli volse a favore di Renato d’Angiò che riuscì ad insediarsi nella capitale del regno, contando sull’appoggio militare e finanziario dello stato pontificio, della Firenze medicea, della repubblica veneziana e del duca di Milano Filippo Maria Visconti (1412-1447). Nell’agosto del 1435, sconfitto in una grande battaglia navale al largo di Ponza dalla flotta di Genova – all’epoca sottomessa al Visconti – Alfonso fu fatto prigioniero e consegnato al duca di Milano. Proprio in questa occasione avvenne un fatto tuttora inspiegabile: il duca Filippo cambiò improvvisamente bandiera e si schierò dalla parte di Alfonso che fu liberato. Filippo Visconti mise a disposizione dell’aragonese il potenziale militare del ducato di Milano e, grazie a questa alleanza, nel giugno del 1442 le truppe aragonesi riuscirono ad entrare a Napoli. Il 26 febbraio del 1443 Alfonso fece il suo ingresso trionfale in città su un carro trainato da quattro cavalli, abbigliato da conquistatore romano come si può notare dagli splendidi rilievi dell’arco di trionfo marmoreo scolpito nelle mura del Maschio Angioino. Alfonso non abbandonò più Napoli che, dopo la conquista aragonese, divenne la capitale di un impero mediterraneo, dato che appartenevano al sovrano oltre all’Aragona, alla Catalogna e al Mezzogiorno peninsulare anche la Sicilia e la Sardegna. Le isole furono affidate al governo di viceré, mentre l’Aragona e la Catalogna furono affidate alla moglie Maria di Castiglia (†1458). Negli anni seguenti, Alfonso fu impegnato nell’opera di riorganizzazione burocratico-amministrativa del regno ma nel 1447, alla morte di Filippo Maria Visconti, pretese per sé il ducato milanese, nel frattempo conquistato dal condottiero Francesco Sforza (1450-1466), fondatore di una nuova dinastia ducale. In alleanza con Firenze e Venezia, Alfonso mosse guerra allo Sforza senza conseguire alcun risultato significativo e così, a Lodi, il 9 aprile del 1454, i contendenti firmarono la pace, ponendo fine a circa mezzo secolo di guerre tra gli stati italiani. Nel marzo dell’anno successivo fu costituita la Lega Italica sotto la guida del papa, una vasta alleanza politico-militare che aveva il compito di mantenere la pace tra gli stati della penisola contro eventuali aggressioni esterne e di preservare la sicurezza interna - in caso di conflitto tra i membri - favorendo il ricorso all’arbitrato. Nel 1458 Alfonso morì e, secondo le sue ultime volontà, Aragona, Catalogna, Sicilia e Sardegna andarono al fratello, Giovanni II (1458-1479), e il regno di Napoli al figlio Ferdinando I, detto Ferrante (1458-1494). Il bilancio dell’operato del Magnanimo fu senz’altro positivo, se si considerano le difficoltà connesse all’amministrazione di un impero così esteso e complesso. Da un punto di vista costituzionale, infatti, i territori e i popoli sotto la sovranità della corona aragonese non costituirono mai un amalgama realmente omogeneo, ma furono piuttosto un’unione personale di compagini molto diverse sotto il profilo giuridico e politico. Ogni territorio della corona conservò le sue specificità e i suoi organi di governo, in genere preesistenti alla conquista. La costruzione politica alfonsina può, a ragione, essere definita un impero mediterraneo, non solo sotto l’aspetto istituzionale, ma anche economico, perché basata sull’integrazione tra differenti aree che conservarono le loro specifiche vocazioni produttive. Mentre l’Aragona esportava - nel regno di Napoli e nelle isole - lana grezza, cuoio, ferro e pesce, riceveva in cambio grano, vino, olio, armi e carne. La successione di Ferdinando I non fu semplice perché nel 1459 dovette fronteggiare una grave ribellione dei baroni che godevano dell’appoggio del papa Pio II (1458-1464). Sconfitto a Sarno nel 1460, Alfonso ottenne una grande vittoria a Troia di Puglia nel 1462, annientando le forze ribelli. Pacificato il regno, il sovrano si concentrò nell’opera di consolidamento delle istituzioni amministrative, non senza trascurare la politica estera che fu il suo grande banco di prova. Ferdinando consolidò le relazioni diplomatiche con i potentati della penisola e strinse solidi rapporti con gli Sforza. Favorì il matrimonio del primogenito Alfonso, duca di Calabria, con Ippolita Maria Sforza (†1484), figlia del duca di Milano Francesco, mentre la figlia Eleonora (†1493) fu data in sposa ad Ercole I d’Este (1471-1505), duca di Ferrara. Nel 1485 scoppiò una nuova rivolta dei baroni contro la politica fiscale del re, sostenuta dal papa Innocenzo VIII (1484-1492). I baroni si posero sotto la guida del conte di Sarno, Francesco Coppola, di Antonello Petrucci, segretario personale del re, e di Antonello Sanseverino, principe di Salerno. La ribellione fu repressa nel 1486 dopo feroci scontri tra le parti. Ferdinando I morì nel 1494 e gli successe il figlio, Alfonso II (1494-1495), che si trovò subito ad affrontare una situazione politica difficilissima. Nel 1494 il re di Francia Carlo VIII (1483-1498) invase l’Italia, rivendicando il trono di Napoli in nome dei suoi ascendenti angioini. Il re di Francia non trovò ostacoli lungo il cammino per Napoli e raggiunse Roma nel dicembre del 1494, dopo aver causato la cacciata dei Medici da Firenze e la proclamazione della repubblica. Ottenuta la benedizione del papa per la spedizione, il 23 febbraio del 1495 fece il suo ingresso a Napoli. Alfonso II abdicò e morì poco dopo, lasciando la corona al figlio Ferdinando II, detto Ferrandino. Di fronte all’invasione francese, Ferrandino fuggì ad Ischia e poi si imbarcò per la Sicilia, ma la permanenza di Carlo VIII a Napoli fu breve poiché a marzo gli stati italiani, assieme alla Spagna e all’Impero germanico, costituirono la Lega Santa, con il compito di cacciare i Francesi dall’Italia. Carlo VIII fu costretto a tornare in Francia e Ferdinando II poté riconquistare il suo regno, ma morì nel 1496. Il trono passò allora allo zio paterno Federico I (1496-1501), principe di Altamura, ma la fine della dinastia aragonese era prossima. Nel 1500 il nuovo re di Francia, Luigi XII (1498-1515) – che da poco si era impossessato del ducato milanese – si accordò con il re d’Aragona Ferdinando II (1479-1516) per spartirsi il regno di Napoli. Nonostante Ferdinando II fosse imparentato con Federico I di Napoli non esitò a invadere il Mezzogiorno e a conquistarlo. Per legittimare la guerra d’aggressione il papa Alessandro VI (1492-1503) scomunicò Federico I, accusandolo d’intese con gli “infedeli”, poiché arruolava i Turchi tra le sue truppe. Nel 1501 Napoli fu occupata e Federico si arrese ai Francesi che lo deportarono in Francia e gli concessero il ducato del Maine, dove morì nel 1504. Completata la conquista del Mezzogiorno, iniziò subito una nuova guerra tra Francia e Spagna per dividersi le spoglie del regno di Napoli. Luigi XII, sconfitto a Cerignola e sul Garigliano nel 1503, ratificò l’anno successivo l’armistizio di Lione con cui cedeva il regno di Napoli a Ferdinando II che lo trasformò in vicereame della corona d’Aragona.

Per approfondire:

  1. Abulafia, I regni del Mediterraneo occidentale dal 1200 al 1500, Laterza, Roma-Bari 2012.
  2. Caridi, Alfonso il Magnanimo. Il re del Rinascimento che fece di Napoli la capitale del Mediterraneo, Salerno Editrice, Roma 2019.
  3. Tramontana, Il Mezzogiorno Medievale. Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi nei secoli XI-XV, Carocci, Roma 2000.